domenica 9 novembre 2014

Oberammergau, un paese da 'favola'

Baviera, trent'anni fa o quasi

Il mio primo incontro con Oberammergau risale alla notte dei tempi o quasi. Dovevo compiere diciotto anni e i miei genitori - non so bene perché - decisero di regalarmi un tour della Baviera
Allora per me Baviera significava soltanto Monaco ma, vagabondando per quel gelido inverno, ho scoperto che era molto di più.
Da quel momento, senza una precisa ragione, Oberammergau non è più uscito dalla mia testa e così, nei momenti più insoliti, mi ritrovavo tra i pensieri quel nome un po' difficile da dire e, insieme ai pensieri, anche un vago ma piacevole ricordo, qualche sbiadita immagine e la promessa che prima o poi ci sarei tornata.

Baviera trent'anni dopo o quasi

Ed eccomi quest'anno a decidere che cosa fare delle mie vacanze estive ed eccolo lí Oberammergau a farla da padrone nelle mie scelte
Pronti partenza via. Circa cinquecento chilometri tra valli svizzere e austriache per arrivare nel sud della Baviera, per essere accolta dal paese dei miei pensieri.

Oberammergau: fuori dal mondo al centro del mondo

Il garnì in cui alloggio è da solo uno splendido biglietto da visita: profumo di legno, travi a vista, una piccola bottiglia di vino a darmi il benvenuto e un balconcino da cui si vede il monte Kofel, rilievo che domina il paese dalla forma strana e onnipresente su ogni cartolina.
Un rapido giro così per respirarne l'aria e subito comprendo perché Oberammergau è stato così prepotentemente nei miei pensieri: è un borgo dipinto, ogni parete di ogni singola casa racconta una storia o una favola e poi, nonostante siamo ad agosto inoltrato, si respira una costante atmosfera natalizia.


Il paese della Passione

Che paradosso! Già perché in realtà Oberammergau è il paese della Passione. Qui ogni dieci anni in un teatro costruito apposta ai margini del borgo si celebra la Passione di Cristo, in uno spettacolo che vede coinvolte più di duemila persone e che nel tempo ha saputo attirare non solo il pubblico bavarese ma gente proveniente da tutto il mondo. 
La Passione di Oberammergau è un fenomeno globale che nasce ormai secoli fa come voto per la liberazione del paese da un'epidemia di peste. Per chi fosse interessato la prossima rappresentazione sarà nel 2020 ma nel frattempo ci sono mille buoni motivi per fare un giro in questa "cartolina bavarese".

Oberammergau e le case dipinte

Quando passeggiavo per le vie del paese mi sentivo fuori dalla realtà come se per un attimo avessi la possibilità di tornare bambina e di entrare in un libro di fiabe.
Alzavo gli occhi e il mio sguardo era catturato da una scena di caccia o da un'immagine sacra dipinta sull'intera facciata di una casa in un contrasto incredibile tra sacro e profano: nel pub sottostante allegri uomini del luogo bevevano la consueta birra di tutte le ore. E poi Hansel e Gretel o l'intera storia di Cappuccetto Rosso.E ancora le botteghe degli intagliatori di legno che ad Oberammergau hanno fondato una vera e propria scuola e i negozi che vendono in ogni stagione le decorazioni natalizie... e nell'aria, anche in pieno agosto, un'insolito profumo di camino e di stufa, la stessa che mi ha accolto tutte le sere nel Gastohof Zum Stern dove non era difficile condividere il tavolo con qualcuno e ritrovarmi a parlare tutte le lingue del mondo con il solito e irrinunciabile boccale di scura.

martedì 7 ottobre 2014

Le piramidi di Zone

Eccomi di nuovo

No, non sono scomparsa: qualche settimana di ferie e soprattutto un "piccolo" cambio-vita mi hanno tenuto lontana da qui. Niente di grave. Il tempo di assestarmi, riorganizzarmi e, in particolare, di ridistribuire il tempo... anche quello da dedicare a questo blog.  
E così eccomi di nuovo qui a raccontarvi de...

Le piramidi di Zone... queste sconosciute

Già perché in pochi sanno di che cosa sto parlando. Di solito si va sul lago di Iseo; si fa un giro a Monte Isola e poi si torna a casa più o meno soddisfatti della gita lacustre. 
Eppure basta prestare un po' di attenzione per scorgere uno di quei cartelli stradali marroni, che indicano nei paraggi qualcosa di diverso dalle solite mete.


La scoperta di Zone


E così è andata: classica gita da fine settimana in zona Iseo. Gente, traffico, confusione poi vedo le indicazioni per Zone con le sue piramidi e la storia cambia. La strada volta decisa a destra e comincia pian piano ad arrampicare tra i paesi affacciati sul lago. Poi le case lasciano lo spazio al bosco fino a quando, dopo un tornante, intravedo all'improvviso le piramidi di Zone.

Se non fosse per il verde che mi circonda penserei di essere capitata in Cappadocia.
Di fronte a me si ergono cumuli di terra di origine glaciale che raggiungono un'altezza anche di trenta metri e un diametro di quasi sei
Insomma dei veri e propri giganti di pietra e in cima ad ognuno una specie di cappello di colore più scuro, in bilico sul cucuzzolo a sfidare ogni forza di gravità e ogni legge fisica dell'equilibrio.

Un po' di storia e tanta magia

Il fascino è davvero incredibile e i colori del primo autunno rendono tutto ancora più attraente. 
Il solo cartello segnaletico all'inizio della Riserva naturale di Zone mi racconta che il fenomeno è dovuto al ritiro di un antico ghiacciaio e all'azione costante e continua dell'erosione che nel corso dei secoli e dei millenni ha dato origine a questa magia. 
E siccome è proprio dalla magia che mi voglio far trasportare, non mi soffermo oltre sulle spiegazioni scientifiche e comincio a salire alla ricerca di un punto da dove osservare ancor più da vicino questi giganti.
Così sulla strada che collega Marone a Zone, lasciata la macchina all'inizio del paese, scopro che un percorso conduce proprio all'interno della riserva.

Dentro la Riserva naturale di Zone

Un piccolo punto ristoro con un'area attrezzata, una suggestiva chiesetta (purtroppo chiusa), uno steccato ad evocare la presenza di qualche cavallo e poi il sentiero che lentamente porta nel cuore della riserva.
Si tratta di un chilometro circa di percorso sterrato di assoluta facilità ma non certo agevole per famiglie con il passeggino al seguito. Un sentiero che lentamente conduce alle piramidi che, da un abitante del luogo, scopro chiamarsi anche "camini delle fate"Ecco il perché di tanta magia, doveva esserci per forza qualcosa di fatato in questi bestioni capaci di sorreggere sulle loro teste un improbabile copricapo. 
Così, passo dopo passo, mi lascio avvolgere dalla loro storia, dalla loro forza e dal loro mistero.
E anche quando mi siedo a contemplarli dall'alto non posso che sentirmi davvero minuscola e immaginare che questi corpi pietrificati prendano magicamente vita e mi raccontino la loro storia più vera.


sabato 9 agosto 2014

Sto lavorando per voi!!!

Ma dove sei finito blog?

Niente paura: situazione sotto controllo. Ma se "In giro con la Tizi" è il titolo del blog, qualche motivo ci sarà pure.
E allora immaginatemi alle Maldive...


o forse in Tibet...


o magari sul divano di casa mia a farmi venire qualche idea per il prossimo itinerario.

Una cosa è certa tornerò presto... intanto buone vacanze e che i giri abbondino per tutti!!!

giovedì 17 luglio 2014

Festival Collisioni: Barolo al centro del mondo

Barolo, piccolo borgo delle Langhe

Dire Langhe è dire vino. E dire vino vuol dire vino buono... barolo appunto. Ahimè, per anni ho pensato che Barolo fosse solo un'etichetta su una bottiglia. Poi ho scoperto che era un piccolo borgo al centro di quel mondo fatto di vitigni che sono le Langhe.
Da lì le prime gite enogastronomiche e poi la scoperta...


La scoperta di Collisioni

Lo scorso anno, fan di Gianna Nannini, ho scoperto una sua esibizione estiva proprio a Barolo e... mi si è aperto un mondo sul Festival Collisioni. Guardo il programma e resto letteralmente 'stesa'. Non c'è solo uno dei miei artisti preferiti ma un intero mondo che per quattro giorni si trasferisce a Barolo.
Musica, arte, cultura, turismo sembra davvero esserci tutto quello che mi interessa a questo Festival Collisioni.
Beh non resta che partire e, dopo una spasmodica ricerca di una stanza dove pernottare (troppo "vecchia" per una tenda in un prato ma vi assicuro che ce ne sono a centinaia), il cielo mi assiste e trovo un bed and brekfast dove hanno appena dato una disdetta. E' fatta! 
Barolo e il suo festival mi aspettano.

Il Festival di letteratura e musica in collina

Per evidenti ragioni non potrò che accennarvi qualcosa della passata edizione (la prossima mi sta ancora aspettando: dal 18 al 21 luglio 2014... segnatevi le date!).
Arrivo a Barolo e pagato l'irrisorio costo del biglietto di accesso alla manifestazione comincio a passeggiare per il paese che per l'occasione è completamente chiuso al traffico dei veicoli. A parte i soliti stand gastronomici e commerciali e il mare di gente che cammina per le strade del paese, mi rendo conto che non c'è angolo di strada dove non ci sia un incontro di musica o di letteratura o di cultura.


Non ho che l'imbarazzo della scelta prima di arrivare al concerto serale della Gianna.
E così mi becco nell'ordine l'esilarante presentazione di un libro fatta da Luciana Littizzetto e uno dei tanti interminabili discorsi di Roberto Saviano
E ho volutamente fatto due nomi di spessore ma, vi assicuro che ce n'erano tanti altri, per tutti i gusti e di pari calibro.
Insomma di certo un appuntamento da non perdere e non perché non sapete che fare nel week end ma perché il Festival Collisioni ha qualcosa di magico. Ci vai e ti senti parte di qualcosa di grande e unico. Naturalmente per tutti i dettagli e gli incontri meglio guardare direttamente il sito del festival.

domenica 13 luglio 2014

Hundertwasserhaus... e non sembra di essere a Vienna

Vienna e il suo splendore

Chi fa un giro a Vienna si aspetta di trovare i passati fasti asburgici, la signorilità dei palazzi, lo splendore delle residenze reali. E non sbaglia... basta passare, anche velocemente, attraverso la città per rendersi conto che le aspettative erano corrette. 
Quando penso al mio viaggio a Vienna mi viene in mente la maestosità dei suoi edifici: tutti rigorosamente bianchi ad esaltarne ancora di più la perfezione quasi irreale dell'architettura. Penso allo sfarzo, all'ordine e alla pulizia che un capricorno come me certo non disdegna ma... 

L'altra Vienna

... ma, dopo qualche giorno trascorso in città, ho avuto voglia di altro: di imperfezione, di eversione, di qualcosa che rendesse Vienna, come dire, più umana. E così, sfogliando le ultime pagine dell'inseparabile guida e consigliata dalla proprietaria del mio bed and breakfast, ho fatto una capatina in un quartiere un po' più defilato alla ricerca della Hundertwasserhaus.

Il mondo pittoresco della Hundertvasserhaus

Che dire? Non sono stata delusa: quello che mi sono trovata davanti era un mondo a parte, una realtà ben lontana dalla visione classica di Vienna.
Colore, irregolarità, asimmetria in un gioco che porta lo sguardo su fino alle terrazze piene di alberi per poi precipitarlo di nuovo giù agli appartamenti del primo piano con i loro giochi di specchi e i rimandi cromatici.
Di certo un alternativo questo Friedensreich Hundertwasser, l'architetto e pittore che nei primi anni Ottanta decise di dare una visione diversa al concetto di edilizia popolare. 
E la Hundertwasserhaus è il risultato: una cinquantina di appartamenti destinati alle persone meno abbienti della città, tutti dotati di terrazzino con giardino pensile in una struttura architettonica che non ha niente di spigoloso e dove gli abitanti dei singoli appartamenti hanno la possibilità di decorare la facciata esterna dell'edificio intorno alle proprie finestre... a regalare ancor più cromatismo a questo edificio.

Il turista e la Hundertwasserhaus

L'unico rammarico che mi è rimasto in questo giro alla Hundertwasserhaus è stato quello di non poter entrare a visitare l'edificio perché gli appartamenti sono tutti rigorosamente privati. E così non mi è rimasto che immaginare i residenti come un popolo di alternativi, di artisti, di pacifisti, di persone che organizzano pranzi domenicali tutti assieme e che anche nel bagno sono stati capaci di portare avanti la stessa creatività dell'architetto Hundertwasser.
Forse non sarà così ma è bello pensarlo.



giovedì 3 luglio 2014

Genova e la sua Nervi


Genova, città dai cento volti

Genova, si sa, è una città particolare: caotica, affascinante, multietnica, tenebrosa, colorata, vivace. Di Genova puoi dire tutto e il contrario di tutto. 
Genova è senza mezzi termini: o la ami o la odi.
Io sono tra quelli che non la amano eppure ne sono inspiegabilmente attratta.
Così durante un recente viaggio in Liguria mi sono fatta condurre da un'amica alla scoperta di uno dei quartieri residenziali della città.

Genova Nervi, questa sconosciuta

"Il tempo è un po' incerto; ti porto a Genova Nervi" mi ha detto. E allora in una domenica piovosa che ben poco aveva di estivo, ci siamo dirette verso quello che per me è ben più di un semplice quartiere del capoluogo. 
Genova Nervi è una piccola cittadina o un grande paese e il suo interno non ha davvero niente di affascinante: l'Aurelia che l'attraversa, la solita rumorosa ferrovia e costruzioni anonime e poco curate.
Poi si imbocca uno dei carruggi - o creuza per dirla come De Andrè - e le cose cominciano a cambiare. La tristezza lascia spazio a un'aria nuova nonostante il cielo plumbeo; si respira la vicinanza del mare fino a quando la vista si apre sul borgo vecchio e sul porticciolo dove sbocca il fiume Nervi.
E' il tipico golfo ligure con le case colorate e rovinate da anni di mareggiate e salsedine, purtroppo guastato da un'impianto sportivo, ora in disuso, costruito proprio in riva al mare. Nel porto qualche barca di pescatore e le solite trattorie tipiche, dove - assicura la mia amica - si mangia davvero bene.

La passeggiata Anita Garibaldi di Genova Nervi

E' proprio dal porticciolo che, paradossalmente, ha inizio la vera meta del nostro viaggio: la passeggiata Anita Garibaldi. Chi è di queste parti la conosce bene: ci vanno i ragazzi nelle loro prime uscite domenicali, gli anziani a chiacchierare sulle panchine fronte mare, gli sportivi per una corsetta rigenerante e le famiglie perché il percorso non presenta alcuna difficoltà.
Per me, che sono un po' "orsa" e amo le atmosfere più intime, la giornata piovosa è stata l'occasione ideale per apprezzare la passeggiata in solitaria e godere lo spettacolo del mare in burrasca.
Un tempo sentiero per i contadini e i pescatori che raggiungevano così le acque più pescose e i campi da coltivare, già nel 1800 venne trasformata in una vera e propria passeggiata a mare di circa due chilometri.

I punti della passeggiata Anita Garibaldi

Si parte dal porto di Nervi e si arriva alla spiaggia di Capolungo che in realtà costituisce un minuscolo borgo. Circa a metà del percorso la cinquecentesca Torre Groppello dal nome dell'ideatore della passeggiata stessa. Alle sue spalle i famosi Parchi di Nervi ovvero una serie di ville aperte al pubblico, note per la loro ricchezza botanica.

Io però non sono rimasta incantata dagli scoiattoli dei giardini bensì dal fascino decisamente spettrale del ristorante Marinella
Un rudere appollaiato sulla scogliera, quasi ad evocare il relitto di una nave, ormai abbandonato a se stesso ma che si dice essere stato uno dei locali più in voga a partire dagli anni Venti: il luogo dove i genovesi portavano le loro fidanzate per ammaliarle.

Per il resto è il mare a farla da padrone durante la passeggiata: con le sue insenature, le piscine naturali, le impervie discese a mare, gli insoliti rimessaggi e anche gli scogli "colonizzati" dal turismo umano che nelle giornate di pioggia riescono ad essere comunque un luogo in cui perdersi.


giovedì 26 giugno 2014

Pietrapertosa e le Dolomiti lucane

Basilicata, un viaggio pieno di sorprese

Andare in Basilicata e scoprire che anche lì ci sono le "Dolomiti" è davvero qualcosa di strano. A dire la verità, la Basilicata è tutta una sorpresa. Una terra incredibile dove l'aridità del suolo sembra essere inversamente proporzionale alla ricchezza dei paesaggi che regala.
Il volantino diceva Pietrapertosa e le Dolomiti lucane. Detto fatto. Quella sarebbe stata una delle mete del mio viaggio.
E il primo colpo d'occhio non ha tradito l'aspettativa.

Pietrapertosa e le sue Dolomiti

Abbarbicato come un presepe alla montagna, Pietrapertosa, uno dei borghi più belli d'Italia (come dice il cartello all'inizio del paese), compare all'improvviso dopo una curva... ed è subito incanto.

La strada principale è una sola; da lì si dipanano stretti vicoli con mazzi di peperoncini stesi sui balconi ad essiccare e qualche donna anziana seduta sulla soglia di casa, pronta a raccontare i segreti del paese o anche solo a regalare un sorriso al turista che passa di lì. Vie senza uscita, scalinate, case dove le pareti spesso sono costituite dalla stessa roccia della montagna. E' un dedalo di strade in cui perdersi per poi ritrovare la via principale che sale fino al castelloUn percorso ripido tra le tipiche rocce forate dove è inevitabile fermarsi a immaginare strani personaggi di fantasia scolpiti nella pietra.


E poi su, fino al castello che domina il paese e le valli circostanti. Ha origini antichissime e si distingue dal basso solo per la presenza di una torre di avvistamento. Il resto è un tutt'uno con la montagna: lo stesso trono dove sedeva l'antico capo saraceno è scavato nella pietra. Insomma a Pietrapertosa tutto è roccia che gli abitanti hanno saputo sfruttare inventandosi quello che è conosciuto come "Volo d'angelo"


Il Volo d'angelo di Pietrapertosa

Un cavo d'acciaio teso a circa mille metri d'altezza tra l'abitato di Pietrapertosa e di Castelmezzano; circa un chilometro e mezzo che i più coraggiosi percorrono, imbragati e sospesi a una carrucola. 
Un'esperienza pazzesca ad una velocità incredibile che regala minuti di un panorama mozzafiato sulle valli, i corsi d'acqua e le vette delle Dolomiti lucane. Attimi di adrenalina pura ma anche di una natura incontaminata.

Oppure, se sei terrorizzato dal vuoto come me e il Volo d'angelo non fa proprio al caso tuo, puoi sederti su una roccia e aspettare che il sole tramonti. 
Io l'ho fatto e questa immagine è ciò che la Basilicata mi ha regalato.





venerdì 20 giugno 2014

Il Giardino dei Tarocchi e la sua magia

La Toscana è magica. Questo si sa. Le sue città, le sue valli, le spiagge, la gente e anche le sagre, quelle sagre che sanno riempire le serate di uno spirito di amicizia e convivialità.
Ma tra tutti i luoghi ce n'è uno che sembra ancora più fatato. 
E' il Giardino dei Tarocchi e, se ve lo dice una che non crede nella sorte e nella fortuna, probabilmente qualcosa di vero c'è.
Ci sono stata qualche tempo fa durante un viaggio tra Umbria e Toscana. Ne avevo sentito parlare ma entrarci è stato spalancare le porte di un mondo a parte: non solo un fenomeno artistico ma anche uno stile di vita. 

Il Giardino dei Tarocchi si trova a Garavicchio, pochi chilometri da Capalbio ma ben poco ha a che vedere con le mondanità del piccolo comune toscano. 
E' considerato un parco artistico: io dico che, al di là di qualsiasi definizione, quando entri resti a bocca aperta di fronte alle ventidue costruzioni in acciaio e specchio che riproducono gli arcani maggiori.

Un mondo magico ed esoterico voluto dall'artista francese Niki De Saint Phalle che, ammaliata dal fenomeno Gaudì, diede vita insieme al marito e a tanti altri artisti a questo percorso dove, 
accanto alle opere più piccole - come l'Appeso, la Morte, gli Innamorati e altre ancora - si trovano le grandi Nanas ovvero enormi figure di donne sulle quali si può tranquillamente passeggiare e, perché no, anche abitare. 



La grandiosità della Papessa o dell'Imperatrice lasciano senza fiato così come la Piazza Centrale dominata dalla scultura meccanica semovente che riproduce la Ruota della Fortuna. Da qui tutto ha inizio. 

Colore, riflessi, maestosità, giochi di specchi in un continuo rimando di frammenti dove tu non sei più tu ma tanti pezzi insieme.

Ecco questa è la bellezza del Giardino dei Tarocchi: puoi andarci con l'innocenza di un bambino e lasciarti trasportare dai colori in un mondo incantato; puoi avere la conoscenza dell'esperto d'arte e studiare l'architettura e il design di questo capolavoro a cielo aperto; puoi farti affascinare dalla filosofia che sta dietro ogni singola costruzione  oppure, come ho fatto io, puoi semplicemente entrare nel parco e dimenticarti di essere in un magico angolo di Toscana.

sabato 7 giugno 2014

Castellaro Lagusello ovvero il non-luogo

Oggi voglio farvi conoscere un posto a cui sono particolarmente affezionata: Castellaro Lagusello ovvero il non-luogo, come dico io.




Perché non-luogo? Perché, anche se segnato sulle cartine e sulle mappe, in realtà in questo borgo non c'è niente e forse proprio per questo c'è tutto.
L'ho conosciuto qualche anno fa, così per caso. Ci sono andata e me ne sono innamorata. 

E' un piccolo paese, non lontano dal lago di Garda ma che ben poco ha a che fare con il caos e il traffico di quelle zone.
Castellaro Lagusello è un luogo (non-luogo) in cui perdersi in mezzo alla campagna tra Mantova e Verona, dove farsi ammaliare solo dal silenzio o dalle chiacchiere domenicali dei pochi abitanti appena usciti dalla chiesa barocca di San Nicola.
Io ne resto incantata ogni volta perché non c'è proprio nulla. 
O meglio c'è un lago, che è una ricchissima riserva faunistica ma che non si può né navigare né visitare. La sua forma? A cuore naturalmente, come se già in questo specchio d'acqua ci fosse un presagio di un sicuro innamoramento verso Castellaro.

C'è un castello o meglio c'era un antico castello feudale. Oggi il maniero si chiama Villa Arrighi ed è una proprietà privata visitabile però su richiesta.
Sbirciando dal portone della dimora che si trova proprio alla fine del paese affacciata su una piazzetta, si intravede la vecchia cinta muraria con i merli ancora in ottime condizioni. 
Poi nient'altro. Questo è Castellaro Lagusello. Quando ci vado cammino per le sue vie acciottolate e mi perdo a spiare le case sempre splendidamente addobbate o qualche raro atelier di artista. Oppure semplicemente mi siedo sulla panchina della piazzetta e sto per un attimo in silenzio.

Ecco questo è il mio non-luogo. E voi ne avete qualcuno?

PS: non preoccupatevi il paese non è così fuori dal mondo. Appena fuori dalla cinta muraria ci sono alcune ottime trattorie dove gustare i piatti tipici della zona come i capunsei. Ma anche qui la sensazione è quella di trovarsi in una non-trattoria ;-).

venerdì 30 maggio 2014

Due passi nel Parco della Burcina

Pronti per il weekend?

Allora vi racconto di un giro fatto non molto tempo fa per sfuggire a una giornata di brutto tempo. Il meteo sembrava accanirsi contro il mio itinerario e così, per sfuggire all'ennesimo temporale, ho cominciato a percorrere strade piemontesi senza una meta precisa. 
Tra una salita, una discesa, una strada nei boschi e una al centro di paesini senza nome o identità mi sono ritrovata ai piedi del Parco della Burcina, insomma poco a nord di Biella
La clemenza del tempo in quel luogo mi ha spinto ad inoltrarmi nel parco.
Lasciata la macchina in un parcheggio (oggi a pagamento) si comincia piano piano a salire - sì perché il parco si estende su una collina ma la fatica non è eccessiva.

Superato il piccolo laghetto, che si trova quasi all'inizio del percorso e il centro visite (per la verità decisamente scarso), la salita sullo sterrato porta pian piano a quello che è il vero punto di attrazione del parco: la valle dei rododendri.
Vi assicuro che se capitate lì in questa stagione c'è davvero da rimanere a bocca aperta: in una conca naturale fioriscono tra aprile e giugno centinaia di piante di rododendri dai colori più svariati. Il colpo d'occhio è incredibile e vi assicuro che le foto non rendono giustizia alla bellezza e all'incanto della natura. 
Qualche panchina permette una sosta per contemplare lo spettacolo della fioritura e il panorama che nelle giornate terse arriva fino alle Alpi MarittimeDa qui si può decidere di proseguire o di ritornare alla macchina lungo lo stesso sterrato.
Io naturalmente sono arrivata in cima. Una quarantina di minuti a passo tranquillo e si giunge alla torre posta sulla sommità. 


I visitatori si fermano quasi tutti prima ed è per questo che la vetta è il punto a me più caro: di fronte le Alpi biellesi con il Monte Mucrone, a distanza il Santuario di Oropa. Ti siedi, guardi il cielo e per un attimo ti senti fuori dal mondo.


Buon giro allora e, se ci andate, magari mandate qualche foto.

giovedì 22 maggio 2014

In bicicletta da Milano a Morimondo

Smog, palazzi, cemento, caos e frenesia: luoghi comuni di una città che sa offrire molto di più.


Prendete una bicicletta, piazzatevi in sella e raggiungete l'Alzaia del Naviglio Grande. Da qui una sorta di superstrada delle due ruote vi condurrà lentamente in direzione di Pavia. Lasciati alle spalle sportivi di corsa, ingombranti famiglie, anziani sulle panchine assorti in chiacchiere domenicali, vi ritroverete presto in un mondo decisamente poco "milanese". I negozi e i campetti da gioco dell'immediata periferia della città cedono il posto a qualche fabbrica dismessa e poi alle prime cascine, porte di accesso alla vera protagonista di questo viaggio: la campagna.

Presto si arriva a Gaggiano, dominata dalla sua Chiesa di Sant'Invenzio, ultimo baluardo della vita cittadina. Da qui la ciclabile porta, senza troppa fatica, fino ad Abbiategrasso dove con una brusca sterzata a sinistra ci si immette lungo il canale di Bereguardo.


La passeggiata diventa a questo punto davvero bucolica: campi coltivati, chiuse e vecchi sistemi d'irrigazione e, nelle giornate più terse, addirittura la catena del Rosa. 
Insomma pedalata dopo pedalata anche per una come me, poco avvezza alle fatiche della bicicletta, arrivare all'Abbazia di Morimondo diventa un'impresa decisamente alla portata di mano. La gente che frequenta questo piccolo borgo, considerato uno dei più belli d'Italia, è sempre tanta ma l'atmosfera di questa vecchia cascina trasformata dai monaci in luogo di culto e il fascino del suo chiostro fanno dimenticare sia la confusione sia la fatica dei chilometri fatti.

Un consiglio: al ritorno, invece di ripercorrere la strada dell'andata, seguite le indicazioni per Rosate e poi per Gudo Visconti. Vi capiterà di trovare, come ė successo a me, qualche ragazzino intento a pescare e pronto a darvi qualche indicazione sui luoghi lì intorno. Oppure vi troverete immersi per chilometri in una campagna ancora più fascinosa, accompagnati solo dal gracidare delle rane. Una sessantina di chilometri tra andata e ritorno ma lo spettacolo merita la fatica.


Buon giro e... al prossimo post.

PS: ah dimenticavo, avete qualche altro itinerario da propormi. Mi raccomando non troppi chilometri: le gambe non reggono ancora. Vi aspetto

venerdì 16 maggio 2014

Franciacorta tra fiori e buon vino

La mia città è tappezzata di manifesti come questo... Franciacorta in fiore, edizione numero sedici di una manifestazione che, pur svolgendosi in un piccolo paese della zona del lago di Iseo, è ormai riconosciuta a livello nazionale.
E io quest'anno voglio esserci. Perciò domenica, tempo permettendo, partenza alla volta dell'antico borgo di Bornato. Che cosa troverò? Beh di certo tanto verde: un'esposizione a pagamento di erbacee perenni, piante rare ma soprattutto rose alle quali, in qualche modo, è dedicata tutta la manifestazione. Nel pomeriggio infatti è in programma anche un corteo storico e l'esibizione degli sbandieratori proprio del Palio della Rosa di Franciacorta. E poi mostre, conferenze per conoscere meglio il mondo floreale e l'arte del giardinaggio. E ancora spettacoli per bambini e incontri musicali senza dimenticare i percorsi enogastronomici: perchè Franciacorta vuol dire soprattutto terra di grandi tradizioni vinicole. Insomma io ci sarò e se ci sarà anche qualcuno di voi... beh

buon giro (come al solito) e... al prossimo post.

martedì 13 maggio 2014

Le Cliffs of Moher... lo sfondo del mio blog



Partiamo da qui, dall'immagine di sfondo: un giro tra i modelli per la costruzione del blog ed ecco comparire le...  Cliffs of Moher. Una scogliera affascinante e un po' inquietante, dove il vento non smette mai di soffiare e l'oceano Atlantico lì sotto non si stanca mai di ululare.


La gente è sempre tanta, che ci sia vento, nebbia o un sole spendente. Eppure basta lasciarsi alle spalle il centro visite - ce merita comunque una sosta . e seguire il percorso che si snoda lungo la scogliera per uasi otto chilometri per rendersi conto della potenza della natura. I cartelli vorrebbero che la camminata si fermasse dopo poco ma con un po' di attenzione si può tranquillamente continuare senza grandi pericoli e sostare per cercare le pulcinelle di mare o semplicemente per perdersi nel rumore dell'oceano sottostante. Un consiglio spassionato è quello di vedere le Cliff anche dal mare. Ci s'imbarca da Doolin, piccolo paese vicino alle Cliff dove ho trovato uno dei più caratteristici pub irlandesi, Mc. Dermott'sQuando si arriva sotto le Cliff il senso di smarrimento di fronte a tanta grandezza per un attimo fa dimenticare anche l'inevitabile mal di mare.



E se dopo una lunga passeggiata in solitaria o in compagnia vi capita di incontrare una giovane musicista con la sua arpa... beh allora fermatevi e la vostra giornata avrà un sapore ancora più speciale, perché la musica insieme alla natura fanno dell'Irlanda un posto unico.

Piccolo consiglio quando arrivate al parcheggio obbligato per accedere alle Cliffs of Moher, scendete tutti dall'auto tranne il conducente.. L'ingresso si paga in base alle persone che occupano le autovetture. Stranezze irlandesi ma ne vale davvero la pena.

Buon giro e... al prossimo post.